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IL FUTURO IN UNA VALIGIA

“IL FUTURO IN UNA VALIGIA”

Ornella Gaito

Mi sono laureata in Biotecnologia all'Università di Napoli. Davanti a me avevo un futuro nella ricerca e la possibilità di vivere in una bella città di mare. Ma era una prospettiva che non mi interessava. Volevo essere indipendente e cercavo di intraprendere un percorso tutto mio. Non è stato facile. Mollare tutto non è mai facile.

Oggi, in azienda, mi occupo delle relazioni con le istituzioni. Un’attività che mi sembrava distante dalle mie competenze scientifiche e che invece si è rivelata molto stimolante e gratificante. Un lavoro nuovo, inedito e trasversale, con un taglio fortemente istituzionale. Come tutte le cose nuove è una continua scoperta. In particolare, mi affascina il rapporto con le associazioni dei pazienti. La sofferenza delle persone insegna tantissimo e aiutare chi soffre costituisce una motivazione formidabile. Mi è rimasto nel cuore il mio primo incontro con un gruppo di genitori di bimbi con gravi patologie. È stata una svolta nella mia vita di donna, non ancora madre.

Vedere quei genitori sofferenti - ma saldi al fianco dei loro figli - mi ha reso orgogliosa di ciò che stavo facendo: offrire speranze concrete ed essere lì, insieme a loro.

Io sono ancora giovane e penso di avere molte strade davanti a me. Mi piace l'idea di poter chiudere la mia vita in una valigia.

A causa della precarietà, noi giovani viviamo in una condizione di cronica flessibilità. Non si tratta di una situazione necessariamente negativa, ma certamente di una sfida. A me piacciono le sfide e mi piacciono i mutamenti. Mi piace viaggiare, osservare, sforzarmi di conoscere e di capire. Mi piace confrontarmi con le persone e le culture, cercare di dialogare con le diversità. Considero le differenze un valore e penso che la qualità sia il racconto delle differenze.

Si dice spesso che noi giovani siamo schizzinosi e che non sappiamo adattarci alle difficoltà. Giuro, non è vero! Al contrario, siamo disponibili e ci adattiamo a ogni situazione, anche la più modesta. L'incertezza è un segno del nostro tempo. Eppure guardiamo al futuro in maniera positiva. Cerchiamo di vivere una vita che sia degna di essere vissuta. Questo senso d'instabilità - che per una donna è sicuramente più penalizzante che per un uomo – è un grande stimolo al cambiamento. Ma cos’è il cambiamento? Per me da un lato c’è il viaggio, il trasferimento in altre città o paesi; dall'altro il piacere di muoversi senza spostarsi, semplicemente cambiando ruolo, dialogando con interlocutori diversi, adattandosi a situazioni nuove e imparando da ogni esperienza. La felicità non è tanto nei traguardi che riusciamo a raggiungere, ma nell'intensità dei percorsi che intraprendiamo per avvicinarli.

Come scriveva Heinrich Böll nelle "Opinioni di un clown", siamo “collezionisti di attimi”.