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Diabete: 50% dei pazienti deve cambiare cura

Diabete: 50% dei pazienti deve cambiare cura, ma i medici non intervengono

Lunedì 18 maggio 2015

Quasi la metà delle persone che soffrono di diabete, circa 3 milioni in Italia, può incorrere in effetti collaterali indesiderati a causa delle terapie tradizionali. Il medico dovrebbe cambiare cura, ma aspetta in media 2 anni prima di intervenire. Della 'inerzia' clinica hanno parlato gli esperti a un simposio organizzato in occasione del ventesimo Congresso nazionale dell'Associazione medici diabetologi (Amd), che si è svolto a Genova, da cui è emerso che con nuovi farmaci, che riducono la complessità del trattamento per il paziente e aumentano la semplicità di gestione per il medico, si potrebbe ridurre il fenomeno.

«Può succedere ad esempio che l'emoglobina glicata vada su valori fuori controllo, ma il medico preferisca attendere - ha spiegato Antonio Ceriello, presidente dell'Amd - In altri casi il paziente è sotto controllo, ma ci sarebbero indicazioni comunque per un regime terapeutico più appropriato. Possono passare anche due anni prima che si cambi trattamento, con effetti pesanti sul decorso della malattia, quali aumento del rischio di complicanze croniche o anche acute, in particolare quelle legate alla ipoglicemia».

Secondo dati internazionali, confermati anche dall'esperienza italiana, il fenomeno può riguardare quasi il 50% dei pazienti. «Noi medici abbiamo ovviamente una grande responsabilità nel fenomeno - continua Ceriello - ma anche la diminuita frequenza delle visite e il tempo sempre minore a disposizione non sono da sottovalutare tra le cause».

«Rispetto al passato - commenta Enzo Bonora, presidente della Sid - l'armamentario terapeutico per la cura del diabete si è molto arricchito: in 30 anni si è passati da 2 classi di farmaci orali e 5 tipi di insulina a 7 classi di farmaci orali, alcune con molteplici principi attivi, una classe di farmaci iniettabili diversi dall'insulina con 3 principi attivi disponibili e una dozzina di formulazioni di insulina. Questo potrebbe tradursi in una meticolosa ricerca della cura più appropriata per il singolo paziente. Nei fatti questo avviene solo di rado - conclude - perché il medico si trova a dover lottare non solo contro il diabete ma anche contro il tempo, limitatissimo, che ha a disposizione e che gli servirebbe per poter cambiare al meglio lo schema terapeutico inefficace, valutando in dettaglio la situazione clinica, ponderando le scelte e condividendole con il paziente, introducendo quest'ultimo alla novità e istruendolo su ciò che essa comporta».