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Parkinson: maggiori difficoltà per le donne

Parkinson: maggiori difficoltà per le donne

Lunedì 9 marzo 2015

La malattia di Parkinson aggredisce uomini e donne in maniera diversa: gli uomini colpiti, infatti, sono più numerosi del 50% mentre tra le donne è tre volte più frequente la comparsa di quei movimenti involontari che costituiscono gli effetti indesiderati del farmaco più usato per tenere sotto controllo i tremori tipici della malattia. Anche rispetto alla progressione della malattia ci sono importanti differenze: nei maschi, infatti, a farne le spese sono soprattutto le capacità di comprensione e di ragionamento mentre nel genere femminile sono più frequenti ansia e depressione. Per le donne sono anche più gravi le ricadute sociali: oltre alla compromissione della propria capacità lavorativa, perdono anche il ruolo all’interno della famiglia.

Proprio alla malattia di Parkinson e alle parità tra uomo e donna nella buona salute e nella cura l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” e la Regione Lombardia hanno dedicato il convegno “Tutta cuore e cervello – Parkinson: le donne non tremano”. Si tratta del sesto appuntamento di questo ciclo di incontri: infatti, l’Istituto Neurologico Besta, tramite il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG), dal 2009 promuove azioni formative sulla medicina di genere, organizzando ogni anno un evento su una patologia neurologica in cui vengono affrontati sia gli aspetti medico-scientifici che gli aspetti sociali.

Spiega Barbara Garavaglia, responsabile del Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG) e direttore dell’Unità di neurogenetica molecolare dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano: “La maggiore frequenza degli effetti collaterali dei farmaci è una conseguenza del limitato numero di donne coinvolte nella sperimentazione clinica delle nuove terapie, che porta a non conoscere tutte le conseguenze dell’uso dei farmaci in entrambi i sessi. Le terapie agiscono in maniera diversa sulle donne perché hanno un peso corporeo inferiore e quindi nel loro organismo i principi attivi sono più concentrati e hanno quindi effetti superiori, talvolta indesiderati”.

Le differenze della malattia tra i due generi

Le donne si ammalano in misura inferiore rispetto agli uomini, anche se con problematiche più gravi: i nuovi casi che si registrano in un anno sono circa il doppio nel genere maschile. Vi è differenza, inoltre, nell’età in cui compare la malattia: nel genere femminile vi è un esordio ritardato in media di circa 2 anni, con un’età di 66 anni per gli uomini a fronte di 68 anni per le donne.

La maggiore resistenza del genere femminile è dovuta alla funzione protettiva che gli ormoni femminili, gli estrogeni, esercitano contro l’insorgenza e la progressione della malattia. Questi ormoni, infatti, prevengono la distruzione dei neuroni che producono la dopamina, una sostanza indispensabile per controllare con precisione i movimenti del corpo, senza tremori. Queste cellule sono il principale bersaglio delle neurotossine che causano la malattia. Si stima che una maggiore esposizione agli estrogeni, sia naturali, sia dovuti alle terapie ormonali, riduca il rischio di Parkinson di circa il 43%.

Non vi sono, invece, differenze per quanto riguarda la durata media di malattia che è di circa dieci anni.

Al contrario, il trattamento con la stimolazione cerebrale profonda, cioè l’utilizzo di piccoli elettrodi per ridurre il tremore, ha una maggiore efficacia sulle donne e porta a un miglioramento delle capacità nelle azioni quotidiane.